PFAS e vitamina D: facciamo chiarezza
Nelle ultime settimane la Vitamina D si è guadagnata spazio nei media per due motivi diversi:
– l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), ha precisato con Nota 96 la prescrizione a carico del Sistema Sanitario Nazionale (SSN) dei medicinali con indicazione “prevenzione e trattamento della carenza di Vitamina D”, con l’obiettivo di limitarne l’uso inappropriato negli adulti, ricordando che l’assunzione in eccesso può dare fenomeni di tossicità, oltre ad aumentare i costi a carico del sistema sanitario nazionale;
– le interazioni tra vitamina D e esposizione a sostanze perfluoalchiliche (PFAS), sono state poste sotto accusa perché potrebbero favorire lo sviluppo dell’osteoporosi. La preoccupazione si è fatta strada dopo la pubblicazione di uno studio pilota italiano sulla rivista Endocrine che nel 24% dei 117 soggetti tra 18 e 21 anni esposti a PFAS si osservava una maggior frequenza di osteopenia e osteoporosi, rispetto al solo 10% tra i soggetti non esposti (Di Nisio et al. 2019).
Il tema è dunque di notevole interesse sia per gli operatori ambientali che per i medici e gli operatori della sanità. Al proposito ci sembra interessante dare conto dello studio sull’associazione tra i livelli serici di PFAS e quelli dei biomarcatori di vitamina D, pubblicato a marzo di quest’anno sulla rivista scientifica International Journal of Hygiene and Environmental Health (Etzel et al. 2019).
Si ricorda che la vitamina D è un ormone steroideo che viene acquisito dall’esposizione alla luce solare o attraverso la dieta e svolge un ruolo importante nella biologia ossea promuovendo l’assorbimento del calcio dall’intestino (Norman et al. 2008). Oltre al suo noto contributo alla salute muscoloscheletrica, i livelli alterati di vitamina D sono stati associati all’inizio e progressione dello stato di cancerogenesi, a malattie cardiovascolari, alla funzione immunitaria e ad esiti avversi della riproduzione (Feldman et al. 2014; Norman et al. 2014, Prietl et al. 2013, Weinert et al. 2015).
Tra i molti fattori che influenzano i livelli circolanti di vitamina D, si cita la variazione dell’esposizione solare, la dieta, l’età e l’obesità (Tsiaras et al. 2011).L’omeostasi della vitamina D può essere anche influenzata dai cosiddetti interferenti endocrini grazie alla somiglianza strutturale della 1,25-idrossivitamina D [1,25(OH)D], metabolita attivo della vitamina D, con gli ormoni steroidei, così come il suo recettore nucleare è simile ai recettori degli ormoni steroidei e tiroidei (Norman et al. 1993 a,b).
Due studi su adulti e donne in gravidanza hanno infatti riportato associazioni inverse dei livelli urinari di bisfenolo A (BPA) e ftalati con quelli circolanti di 25-idrossivitamina D [25(OH)D], con alcune differenze nelle associazioni per genere e razza/etnia (Johns et al. 2016 e 2017).
Poiché evidenze recenti suggeriscono l’associazione dell’esposizione alle PFAS con alterazioni dei livelli degli ormoni steroidei e tiroidei, gli autori hanno ipotizzato che le PFAS possano interferire anche con il metabolismo della vitamina D (Lopez-Espinosa et al. 2016; Ballesteros et al. 2017; Lee et al. 2017).
Lo studio epidemiologico è stato condotto sui 7.040 soggetti di 12 anni o più reclutati dal programma di biomonitoraggio umano 2003-2010 dell’US-National Health and Nutrition Examination Survey statunitense (NHANES). È stata valutata la relazione tra i livelli serici delle quattro PFAS rilevate in più del 98% dei soggetti partecipanti (l’acido perfluoroottanoico (PFOA), l’acido perfluoroottansolfonico (PFOS), l’acido perfluoroesano-1-solfonico (PFHxS), l’acido perfluorononanoico (PFNA)) e quelli della 25(OH)D totale, considerando anche l’effetto di sesso, età, e etnia, il livello di istruzione e il reddito familiare, l’indice di massa corporeo, la cotinina serica (biomarcatore dell’esposizione al fumo di tabacco), l’uso di integratori di vitamina D e il periodo di analisi di sei mesi come proxy delle differenze stagionali di esposizione alla luce solare.
È stato osservato l’aumento di due volte dei livelli serici di PFOS associato ad un decremento della concentrazione di 25(OH)D, con associazioni significativamente più marcate per i soggetti bianchi non ispanici e per quelli di età superiore ai 60 anni. Per quanto concerne PFOA e PFNA, gli autori non hanno rilevato alcuna correlazione con la concentrazione totale di 25(OH)D.
La popolazione bianca non ispanica presenta generalmente livelli più elevati di vitamina D rispetto alle altre etnie sia per la pigmentazione della pelle, che può alterare la produzione di vitamina D (Harris 2006) sia per la presenza di differenti polimorfismi genetici dei recettori della vitamina D (Nelson et al. 2000), pertanto i livelli di 25(OH)D in tali soggetti sono più suscettibili di una diminuzione sensibile. D’altra parte, l’età più avanzata rappresenta un periodo in cui il rimodellamento osseo è più marcato e, come già riportato in alcuni studi recenti, le PFAS, interferendo con il metabolismo della vitamina D, possono determinare una riduzione della densità minerale ossea e conseguente osteoporosi (Khalil et al. 2016; Lin et al. 2014).
Pur considerando le limitazioni correttamente dichiarate dagli autori, resta il fatto che sono state osservate associazioni statisticamente significative tra livelli circolanti di PFAS e di vitamina D, e tali effetti sono modificati dall’età e dall’etnia. Sebbene ci sia la necessità di confermare i risultati ottenuti attraverso studi sperimentali ed epidemiologici di tipo prospettico, le indicazioni emerse sono importanti per chiarire gli impatti dell’esposizione a PFAS sul metabolismo endocrino e i conseguenti effetti indesiderati sul piano clinico.
A fronte della corretta indicazione dell’AIFA «La determinazione dei livelli di 25OHD non deve essere intesa come procedura di screening è NON è indicata obbligatoriamente in tutte le possibili categorie di rischio…», a scopi di ricerca e di monitoraggio in aree ad elevata contaminazione da PFAS, anche la misura dei livelli serici di Vitamina D appare un presidio di rilevante interesse.
Bibliografia citata:
Di Nisio A, et al. Perfluoroalkyl substances and bone health in young men: a pilot study. Endocrine. 2019 Sep 29.
Etzel TM, Braun JM, Buckley JP. Associations of serum perfluoroalkyl substance and vitamin D biomarker concentrations in NHANES, 2003-2010. Int J Hyg Environ Health. 2019; 222: 262-69.
Norman AW. From vitamin D to hormone D: fundamentals of the vitamin D endocrine system essential for good health. Am J Clin Nutr. 2008; 88: 491S-499S.
Feldman D, Krishnan AV, Swami S, Giovannucci E, Feldman BJ. The role of vitamin D in reducing cancer risk and progression. Nat Rev Cancer. 2014; 14: 342-57.
Norman PE, Powell JT. Vitamin D and cardiovascular disease. Circ Res. 2014; 114:379-93.
Prietl B, Treiber G, Pieber TR, Amrein K. Vitamin D and immune function. Nutrients. 2013; 5:2502-21.
Weinert LS, Silveiro SP. Maternal-fetal impact of vitamin D deficiency: a critical review. Matern Child Health J. 2015; 19: 94-101.
Tsiaras WG, Weinstock MA. Factors influencing vitamin D status. Acta Derm. Venereol. 2011; 91: 115–24.
Norman AW, Hurwitz S. The role of the vitamin D endocrine system in avian bone biology. J Nutr. 1993; 123(2 Suppl): 310-6.
Norman AW, Okamura WH, Farach-Carson MC, Allewaert K, Branisteanu D, Nemere I, Muralidharan KR, Bouillon R. Structure-function studies of 1,25-dihydroxyvitamin D3 and the vitamin D endocrine system. 1,25-dihydroxy-pentadeuterio-previtamin D3 (as a 6-s-cis analog) stimulates nongenomic but not genomic biological responses. J Biol Chem. 1993; 268(19): 13811-9.
Johns LE, Ferguson KK, Meeker JD. Relationships Between Urinary Phthalate Metabolite and Bisphenol A Concentrations and Vitamin D Levels in U.S. Adults: National Health and Nutrition Examination Survey (NHANES), 2005-2010. J Clin Endocrinol Metab. 2016; 101(11): 4062-9.
Johns LE, Ferguson KK, Cantonwine DE, McElrath TF, Mukherjee B, Meeker JD. Urinary BPA and Phthalate Metabolite Concentrations and Plasma Vitamin D Levels in Pregnant Women: A Repeated Measures Analysis. Environ Health Perspect. 2017; 125: 087026.
Lopez-Espinosa MJ, Mondal D, Armstrong BG, Eskenazi B, Fletcher T. Environ Health Perspect. 2016; 124(8): 1269-75.
Ballesteros V, Costa O, Iñiguez C, Fletcher T, Ballester F, Lopez-Espinosa MJ. Exposure to perfluoroalkyl substances and thyroid function in pregnant women and children: A systematic review of epidemiologic studies. Environ Int. 2017; 99:15-28.
Lee JE, Choi K. Perfluoroalkyl substances exposure and thyroid hormones in humans: epidemiological observations and implications. Ann Pediatr Endocrinol Metab. 2017; 22: 6-14.
Harris SS. Vitamin D and African Americans. J Nutr. 2006; 136: 1126-9.
Nelson DA, Vande Vord PJ, Wooley PH. Polymorphism in the vitamin D receptor gene and bone mass in African-American and white mothers and children: a preliminary report. Ann Rheum Dis. 2000; 59: 626-30.
Khalil N, Chen A, Lee M, Czerwinski SA, Ebert JR, DeWitt JC, Kannan K. Association of Perfluoroalkyl Substances, Bone Mineral Density, and Osteoporosis in the U.S. Population in NHANES 2009-2010. Environ Health Perspect. 2016; 124: 81-7.
Lin LY, Wen LL, Su TC, Chen PC, Lin CY. Negative association between serum perfluorooctane sulfate concentration and bone mineral density in US premenopausal women: NHANES, 2005-2008. J Clin Endocrinol Metab. 2014; 99(6): 2173-80.
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